Arte contemporanea Mostre

Etere – Yuval Avital

Allestimento sez. "Cuore del mondo": Cuore di Etna, 2020; sfondo: Foreign Bodies N.1 / Icon-sonic episode N.21, 2017. f.: L. Morfini
Angeli di Rorschach, 2018-19

La mostra (Etere, a cura di Annette Hofmann, presso Building Gallery a Milano), in verità, è tutta lì, nella prima opera al piano terra: un cubo metallico emette rumori sordi e profondi (Cuore di Etna, 2020). È la voce muta del vulcano che le alchimie musicali del compositore-artista Yuval Avital (Gerusalemme, 1977; vive e lavora a Milano) hanno risuscitato dalle viscere terrestri e portato alla soglia dell’udibile umano. Sulla faccia superiore del cubo un sottile strato d’acqua danza, vibrando in sintonia con il canto del vulcano. L’acqua e il fuoco, la superficie e la profondità s’incontrano; la femmina e il maschio partoriscono il mondo. L’acqua e la terra ancora insieme nei tre video che incorniciano il cubo (momenti del primo capitolo di un più ampio progetto intitolato “Foreign Bodies”). Le danzatrici nude, come fiori d’umidità, fiori abbarbicati alla montagna, esposti al clima, all’acqua che scroscia o scorre o scende dal cielo, ballano in arabeschi rallentati energici imbevuti di desiderio. Le ballerine -ma non chiamarle ballerine, dille danzatrici, sennò l’artista ti corregge: non so che differenza ci sia, ma non importa-. Quel che conta sono i balli, le danze, gesti lontani, lenti ma non ipnotici. Contemplativi, o meglio, contemplabili. Desiderio che s’apre senza esplodere. Siamo nel “Cuore del mondo” (questo il titolo della sezione) palpitante, liquido, profondo e ci fanno compagnia gli Angeli di Rorschach, 2018-2019 (angeli caduti?), acquerelli minuti che tradiscono uno stile infantile, naïf, espressionistico che si ritrova in tutta la produzione pittorica presente in mostra; ma sono distanti, gli angeli, impassibili azulejos. E tuttavia ci consentono il passaggio alla “Foresta” del piano superiore.

Allestimento sezione “Foresta”.
f.: L. Morfini

In questa sezione, ci inoltriamo nella tenebrosa selva  dove la verità la fa la quantità.
Disordinatamente allestiti alle pareti, mimando la disposizione caotica dei fitti cespugli o dei ramosi alberi, molti dipinti di volti. Cicerone ci ha assicurato che il volto è proprio dell’Uomo, Lévinas ci ha parlato del volto dell’altro; qui pare essere il nostro volto ad emergere. (La sensazione è ambigua: ci stiamo immergendo nella foresta o sono i visi ad investirci, ectoplasmatici incubi notturni?) Emerge -si diceva- il volto dalla selva inquieta e inquietante, foresta freudiana, foresta incantata di fisionomie deformi, di maschere oscure, foresta di streghe (i gatti, vi sono figure stilizzate di gatti, famigli delle fattucchiere. Creature surreali, guardiani della soglia tra i mondi). Lunghe esposizioni fotografiche (come The lost Souls / 27, 2018) filtrano tra i rami notturni, concedendo un poco di requie percettiva, senza alterare la tensione.
Non si danza nella foresta, s’avanza, ci si addentra con lo stupore che forse fu quello che accompagnava la tribù nelle viscere di Lascaux. È un altro viaggio nelle profondità psichica ed emotiva. Nella radura, che da qualche parte esiste, i semidivini Nephilim (serie Singing Mask, 2019) sono a consesso. Udiamo l’incomprensibile vociare di queste sculture sonore, ridotte a maschere piumate, di marmo, d’alabastro, di metallo che sapienti mani artigiane (e toscane) hanno forgiato su progetto di Avital, il quale ha anche organizzato, sulla base delle voci degli artigiani stessi, le tracce vocali emesse.

Allestimeno sez. “Foresta”. Dx al centro: The lost Souls, 2018.
f.: L. Morfini

Salendo al secondo piano, dopo aver sorriso agli scherzi in china (Untitled, 2020), illustrazioni graziose e luminose, si potrebbe dantescamente pensare di ritornare a rivedere le stelle. Qui, però siamo in piena “Luce”. L’allestimento si rarefà, pochi acquerelli d’uccelli (la serie Birds, 2020) s’impossessano dello spazio espositivo. Luminosità. La leggerezza dell’acquerello che si fa volatile, la riduzione degli stimoli percettivi che riposa i sensi, l’immersione nel suono crepitante di Mediterranean Altar n°1, 2020 dissipano la tensione ctonia accumulata nell’ascensione. 

Ed eccoci, infine alla “Fonte”, all’ultimo piano ci attende l’ultima sezione: un’installazione immersiva (serie Waters of Grace, 2018). Il cerchio si chiude -o, se preferite, il viaggio torna al punto iniziale- siamo di nuovo nel cuore del mondo, siamo ora dentro il cubo: vibrazioni sonoro-visive ci circondano. Suoni e immagini, suoni sordi e profondi si combinano ad immagini d’acqua ondeggiante. Dentro al vulcano alla caverna all’antro è buio tremolio umidità. È germinalità uterina che si apre al desiderio, alla danza, all’origine nascosta delle cose sulle cui tracce l’artista di Gerusalemme ha cercato di portarci.

Galleria Building, via Monte di Pietà 23, Milano – 8 aprile 2021 ¦ 26 giugno 2021

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