In memoria Pagine extravaganti

Christo Vladimir Javacheff, 1935-2020

Lattine impacchettate, 1958

Mentre siamo in attesa di vedere la sua ultima creazione che dovrebbe essere realizzata postuma l’anno prossimo, L’arco di Trionfo impacchettato, mi domando -ma se dovessi scommettere, scommetterei di sì- se il lavoro di Christo Vladimir Javacheff, noto semplicemente come Christo (13 giugno 1935 – 31 maggio 2020), sarà considerato leggendario, come ebbe a dire già negli anni Novanta riflettendo sul fatto che non avesse opere esistenti, ma solo schizzi e progetti, perché l’opera vera e propria scompare. Nato il 13 giugno 1935 (stesso giorno della moglie Jeanne-Claude Denat de Guillebon con cui ha dato vita ad un sodalizio artistico interrotto solo dal decesso di lei nel 2009), dopo una formazione all’accademia di Belle Arti di Sofia, è attivo a Parigi nell’ambito del Nouveau Réalisme di cui condivide le riflessioni sui meccanismi regolatori del consumo e delle loro conseguenze di scarto e accumulo.

Rue Visconti Parigi 6, 1961-62
Christo e Jeanne-Claude

Queste considerazioni hanno un ruolo non secondario nel dare vita ai suoi famosi impacchettamenti che realizzerà dal 1958 (anno importante: è anche quello in cui conosce Jeanne-Claude) iniziando con lattine e bottiglie e a cui farà seguito un’operazione (con caratteristiche proprie peculiari) nell’ambiente urbano che prefigura i successivi, massicci ed effimeri insieme, interventi nel paesaggio (inteso in senso molto ampio): lo sbarramento della via Visconti a Parigi; arrivando, poi, a scegliere oggetti sempre più “monumentali”: le Mura Aureliane a Roma (Wrapped Roman Wall, 1974) oppure Pont Neuf a Parigi (Wrapped Pont Neuf, 1975-85) o il parlamento a Berlino (Wrapped Reichstag, 1971-95). Pur su scale notevolmente differenti, questi impacchettanti hanno in comune la capacità di esporre ciò che nascondono. Incorniciare ciò che è sempre sotto gli occhi è una delle capacità dell’arte; nel caso di Christo e Jeanne-Claude l’illuminazione avviene grazie ad una “cortina”, ad un momentaneo abbuiamento, ad una cecità visibile.

Questa caratteristica accomuna gli impacchettamenti e le operazioni di Land Art, grazie alle quali un paesaggio naturale viene rivelato modificandone la fisionomia (come è modificata la fisionomia dei paesaggi cittadini ogni qual volta monumenti dallo spiccato valore storico o politico vengono “occultati” alla vista). In tal modo le opere del duo attivano nuovi modi di guardare e vivere il paesaggio, di cui didattico esempio è stato The Floating Piers, 2016, passerella galleggiante, che permetteva di passeggiare sulle (e, quindi, vivere le) acque del lago di Iseo come mai si era potuto fare.

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