Arte contemporanea Mostre

thecomfortshow.com – Greetings from living(rooms)|Postcards to the future

È un bene che le realtà culturali e artistiche abbiano cercato di reagire a questo periodo di chiusure forzate sfruttando le moderne possibilità tecnologiche. Le mostre virtuali proposte in queste settimane, se hanno avuto il merito di mantenere vitali certe situazioni, hanno anche indicato i limiti di questi espedienti e hanno mostrato chiaramente il loro carattere di surrogato. Come con le persone è insostituibile il rapporto vis à vis, il contatto fisico; come il teatro non può che farsi dal vivo, in una sala in cui ci sia il contatto tra attori e pubblico (una sorta di «corpo a corpo») che non è più tale se portato sulle piattaforme telematiche, così anche con le opere. 

L’esperienza attraverso lo schermo, proprio perché comoda e sicura, non si può avvicinare a quell’impressione fortemente emotiva d’astrazione e di sbilanciamento che si vive solo al cospetto diretto dell’opera.

Ciò premesso e ciò nonostante, ci sono alcune mostre virtuali che svolgono bene la loro funzione. Tra queste TheComfortShow è sicuramente un esperimento ben riuscito.“thecomfortshow.com: Greetings from living(rooms) | Postcards to the future” è una collettiva di ventidue artisti, invitati a confrontarsi con il tema della quarantena e del suo superamento. 

Pignatelli-Castellani, Nessun uomo è un isola
Corsini, Carezza

La mostra si dipana su quattro sezioni (room) ognuna delle quali è dedicata a un sottotema che ha ispirato le opere. Nella prima stanza illustrano l’idea di contatto una fotografia in bianco e nero del duo Pignatelli-Castellani, Nessun uomo è un’isola, 2020, nella quale i due artisti sono ritratti senza pretese e senza indumenti con mascherine sulle quali sono ricamate le parole “No man is an” e  “island”, a cui fa da contraltare non solo l’assemblaggio fotografico di Loris Cecchini, Give Space a Trance (redpepperpowderscape), 2005, che mostra, in un paesaggio marziano di polvere di pepe rosso, una figura di donna intenta a leggere sotto una campana trasparente; un acquerello di Vittorio Corsini dall’esplicito titolo Carezza, 2020: un monocromo rosa la cui vibrazione è assicurata da quattro tremolanti tratti verdi, quattro tracce di dita; e un’ultima fotografia che documenta l’installazione, Labirinto, 2019, di Francesca Pasquali realizzata con scampoli di tessuti annodati e appesi al soffitto per creare uno spazio ambientale all’interno del quale le persone potevano incontrarsi e interagire con i tessuti. Questa room, esplicitamente, ci richiama alla fondamentale necessità umana dello stare insieme con i nostri corpi, nessuno di noi può vivere sano e felice incapsulato nel suo mondo, se non vuole che quest’ultimo diventi un deserto arido e infuocato come un deserto di pepe; ci rammenta la necessità di una carezza perché nessuno di noi può avere l’indipendenza di un’isola.

Cecchini, Give space a Trance (redpepperpowderscape)
Pasquali, Labirinto
Rizzoli, Cigno nero col piercing

La seconda stanza è dedicata al risorgere, illustrato attraverso un’immagine digitale di Emiliano Zucchini: da una scacchiera grigia emergono porzioni di prato verde brillante (Green on Void, 2020); un Landscape, 2020, di Francesco Arena nel quale, strizzando l’occhio all’arte concettuale, un sentiero immerso nella natura gioca con la sovrapposizione di informazioni aeroportuali: sembra invitarci ad aspettare il tempo in cui le nostre “departures”, i nostri sentieri smettano di essere “cancelled”; ancora, una serie di lavori su carta di Giovanni Frangi, fluttuanti tra figurazione e astrazione, nei quali sono riconoscibili figure fitomorfe che immediatamente riportano all’idea della rigenerazione ciclica: una sorta di attesa di “tempi migliori” mentre ci lasciamo allettare dall’invito di Guido Segni (Generated lazy figure – Lot 2019|000011, 2019) ad accomodarci nel tempo dell’ozio e della lentezza attraverso un’immagine “generata da una rete neurale nel tentativo di riprodurre lo stato d’ozio di alcuni … amici e conoscenti”; oppure possiamo abbandonarci al viaggio diaristico e letterario con un piccolo e misterioso acquerello di Elena El Asmar, dedicato al sito archeologico di Baalbek, 2020 in cui una massa grigio-nera sospesa si sfalda precipitando in una serie di rivoli e macchie. Lasciamo la stanza solo dopo aver visto uno speranzoso svolazzar di bolle di sapone, un’elaborazione digitale che, rubando il titolo all’ultimo verso dell’Inferno dantesco (E quindi uscimmo a rivedere le stelle, di Paolo Brenzini), toglie le ali al Cigno nero col piercing, 2005 di Giovanni Rizzoli, simbolo di un “periodo economico drammatico”.

Altrove, invece, il tono blu di State of Matter, 2020, di Alberto di Fazio, esplode dal centro della tela risucchiando lo spettatore in una dimensione sconosciuta, così come il video Così lontano così vicino, 2020 di Chiara Dynys è l’attraversamento, su note mozartiane, di una serie di stanze che si differenziano solamente per la cromia accesa e vivace: una celebrazione del passeggiare. S’aprono, invece, nuove prospettive con i lavori di Giovanni Ozzola (Hasta la ultima vez, 2014), Vincenzo Marsiglia (Fold paper, 2020) e Paolo Scirpa (Progetto d’intervento n.241, 1992) e si dissipano quelle antiche con l’opera di Massimo Kaufmann, Dissipatio H.G., 2020. Una stanza in cui l’idea del passaggio, dello sguardo rivolto in altri posti è evocata dalla presenza di aperture, buchi, fori, arcobaleni…

Caccia, Vita 2006-2018

Nell’ultima sezione, testimoniano la forza della resilienza le immagini forti del video di Alessandra Caccia, Vita 2006-2018, che turbano ma non disturbano: esse s’incardinano in una dimensione narrativa e letteraria nella quale la vicenda soggettiva non s’incarta nel solipsismo ma si schiude al plurale, all’extrasoggettivo. Due esempi di una speciale poesia visiva che, tra ironia e sbeffeggiamento, tra citazioni dantesche e calligrammi, parla d’amore e di nuove ere (Didattica telefonica in atto e Figura antivirus, entrambe del 2020  -rispettivamente di Luca Maria Patella e Lamberto Pignotti-). Con due fotografie si chiude l’esposizione. Una documenta l’installazione di Ivano Sossella al MACT di Bellinzona, usw/schatten-gefaegniss, 2009-19: la porta dell’ingresso alla galleria è falsificata, facendole assumere le sembianze della porta di una cella: il senso del limite e del suo superamento, l’idea di imprigionamento si presentano incorporati nell’attesa del momento in cui si evaderà da questi arresti domiciliari sanitari. E poi, finalmente usciti dalla cella, ci attende il momento dell’incontro con i vicini di casa, con i concittadini, con i passeggiatori. Dopo aver disumanizzato gli altri, temendoli come fonte di contagio e tenuti a distanza con guanti e mascherine, ecco che Milo Sacchi ci proietta nuovamente nella dimensione della relazione con la sua stampa fotografica la cui tensione si sviluppa interamente nella distanza tra il titolo, Dehumanization .… Disumanizzazione.…, 2007/2020, e lo scatto che immortala, in un’atmosfera fiabesca di sovrapposizioni di filtri colorati e rami in fiore, due fanciulli sorridenti che si tengono reciprocamente la mano e ci guardano negli occhi.

Considerate singolarmente le opere non sono tutte significative, e il loro “peso specifico” è molto variabile, ma inserite nella trama espositiva funzionano estremamente bene: la sequenza è chiara, a tratti fin troppo didattica, ma è una mostra pensata; e decisa ed esplicita è la presa di posizione dei curatori di Artalkers. Le coordinate sono dettate, spetta al visitatore forzare la griglia.

thecomfortshow.com Greetings from living(rooms) | Postcards to the future
fino al 27 giugno
https://www.thecomfortshow.com

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